Dei videogiochi non si occupano solo i bambini (nonché i grandi quando nessuno li osserva). Ora se ne sono occupate anche la Corte di giustizia europea, a ciò sollecitata da un quesito posto dal Tribunale di Milano, e – da ultimo – la nostra Suprema Corte di Cassazione penale. La cosa è meno frivola di quanto possa apparire a prima vista. Anzi è assai importante: il lettore abbia rispetto per i videogiochi !
Molte opere protette dal diritto d’ autore rischiano di essere copiate facilmente. Il rischio è particolarmente grave per tutte quelle opere che figurano su supporti elettronici, quali appunto i videogiochi. Qui le persone che hanno più di 16 anni (anzi più di 15, anzi più di 10) ne capiscono poco ma è risaputo che, in questo ambito, opere protette dal diritto d’ autore vengano facilmente copiate. Ne soffre in generale l’istituto del diritto d’ autore, e ne soffre in concreto il creatore dell’ opera, giacché quale è la convenienza a creare un’ opera, sperando di trarre dei benefici, se tutti la copiano appena essa è messa a disposizione? Si viene a innestare una progressione viziosa di questo tipo: a) creazione di un’ opera, con aspettativa di trarne profitto; b) copiatura indiscriminata dell’ opera; c) perdita dell’ aspettativa di profitto; d) rinuncia a creare altre opere. Dunque lo schema può essere così semplificato: a) tutte le opere sono copiate, b) non viene creata nessuna nuova opera.
Il problema non è solo dei videogiochi. E’ di tutte le opere che sono oggetto del diritto d’ autore: il paziente lettore si doti di pazienza ulteriore, se gli dico che quasi tutto è oggetto di diritto d’ autore, e quindi quasi tutto soffre del rischio della progressione viziosa. Vi sono opere importantissime protette col diritto d’ autore, che vanno da creazioni quali la Divina Commedia (ove peraltro i diritti sono scaduti) a quelle sulla teoria della relatività (anche qui, diritti scaduti: ma non mi chieda il lettore di fare un caso concreto, perché la menzione potrebbe favorire il soggetto o l’opera menzionati).
Il ricorso agli strumenti legali (tutela civile, e in molti casi anche penali) non serve a molto. Da un lato, un ragazzo di 10 anni non è del tutto conscio del contenuto dell’ art. 102-quater della legge, specie se visto alla luce della direttiva 2001/29/CE: ho persino il sospetto che non conosca veramente a fondo né il 102-quater né la direttiva né, quel che è peggio, la decisione della Corte di giustizia europea nella causa C-355/12 ( che ha deciso su un caso di videogiochi – Nintendo – a ciò sollecitata dal Tribunale di Milano; quest’ultimo – applicando i principi stabiliti dalla decisione della Corte – ha poi accertato la legittimità e proporzionalità delle misure tecnologiche di protezione apposte da Nintendo alle consolle Nintendo DS e Nintendo Wii ed il carattere illecito dei mezzi di circonvenzione oggetto di causa – sent. n. 12508/2015 del 6 novembre 2015) e la più recente sentenza emessa sul punto dalla Corte di Cassazione. Dall’ altro, i tempi di una tutela civile o penale non sono compatibili con l’ elettronica, dove l’ uso o l’ abuso del diritto si fa con un click.
Ecco quindi che i titolari di diritti d’ autore ricorrono a misure di autoprotezione, che rendono impossibile o molto difficile violare il diritto d’ autore: l’ uso del videogioco avviene così solo per giocare, non per copiare. Ma sorge a questo punto un quesito, anzi due: a) è legittimo il ricorso a misure di autoprotezione? E poi, se si risponde che sì, b) come si fa a sapere se il titolare del diritto si è protetto troppo (finendo così per porre degli impedimenti eccessivi)?
La Corte di giustizia ha detto che sì: misure di autoprotezione sono legittime. Il titolare del diritto d’ autore può mettere in atto dei mezzi per impedire o rendere difficile la copiatura. Dunque ha risposto al quesito a). Ed in questa prospettiva, in linea con le decisioni ora dette della Corte di Giustizia, del Tribunale di Milano e della Corte di Cassazione, non mi pare sussistano particolari differenze tra mezzi posti sull’opera per impedirne la copia e mezzi posti anche sulla console per impedire la fruizione di copie non originali. Correlativamente, è ragionevole pensare che la protezione prevista dalla legge sul diritto di autore contro forme di elusione di tali mezzi possa comprendere qualsiasi strumento di aggiramento: sia esso fisico come ad esempio le cartucce (per semplificare il discorso) o digitale come i software e le informazioni necessarie alla loro creazione (c.d. tutorial). Infatti, questi strumenti di elusione hanno in comune la medesima funzione. In questa prospettiva, il fatto che possano avere differente natura non costituisce un valido argomento per limitare la protezione del diritto di autore contro ciascuno di essi.
Invece sul quesito b) ha poi rimandato al giudice nazionale il compito di accertare in concreto se le misure di protezione attuate in concreto erano corrette o non invece eccessive. Qui la Corte di giustizia ha solo fissato il principio che le misure devono essere proporzionate.
E’ ben comprensibile la scelta della Corte di giustizia di non decidere sul b). Da un lato, la Corte non si intende di videogiochi, o per lo meno non lo vuole confessare. Dall’ altro, la tecnologia cambia, e perciò quella misura di protezione che si può attuare oggi potrebbe non andare bene domani. Certo è che la vita dell’interprete è semplificata, e non poco, dalla risposta data al quesito b) dalla nostra Corte di Cassazione (Cass. penale n. 38204/2017 del 27 aprile 2017): la Suprema Corte ha infatti rilevato come non sia necessario condurre alcuna valutazione in termini di adeguatezza e proporzionalità delle misure tecnologiche di protezione adottate dal titolare del diritto quando gli apparati siano progettati, costruiti e messi in commercio con la finalità diretta e prevalente di eludere tali misure.
Non so se conoscete i pirati: una volta si limitavano ad assaltare i galeoni, ma oggi… Ne inventano una ogni giorno. E chi assalta il galeone – sembra dire la Cassazione – lo fa evidentemente per rubare il bottino. Se un tempo dovevamo temere i pirati, oggi ancora di più dobbiamo temere gli hackers.
Avv. Prof. Mario Franzosi
Mario Franzosi è socio fondatore di Avvocati Associati Franzosi Dal Negro Setti.
Nei suoi vari decenni di carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Apprezzato a livello mondiale per la sua approfondita conoscenza del diritto industriale e intellettuale italiano e anche straniero (non solo europeo ma anche di USA, Canada, Cina, Giappone, India, Corea) Mario Franzosi è chiamato a presenziare ai tavoli internazionali più importanti, in cui si distingue oltre che per esperienza e competenza, per la capacità di analisi, per la cultura raffinata e la visione pratica particolarmente apprezzata dai clienti.
Concentra la sua attività principalmente nel settore della proprietà industriale ed intellettuale, sia in ambito giudiziale che stragiudiziale.
Si ricordano, per tutte, le controversie in tema di macro-polimeri, di circuiti integrati, di elettronica di consumo, di farmaci, di impianti per il rame e per l’acciaio; le relative decisioni sono divenute leading cases.
Mario Franzosi è non di rado citato nelle decisioni emesse da tribunali internazionali. In tema di brevetti sono note le espressioni “Italian Torpedo”, “Gatto d’Angora”, “Cavallo Azzurro” da lui ideate, e che ormai sono entrate a far parte del vocabolario giuridico degli esperti di proprietà industriale di tutto il mondo.
La sua esperienza professionale comprende anche l’attività accademica e una importante produzione di testi giuridici in materia di diritto industriale e della proprietà intellettuale.
Mario Franzosi è Visiting-Professor di Diritto Brevettuale Europeo presso la University of Washington e di università in vari paesi. È altresì membro di numerose associazioni internazionali e nazionali come ABA (American Bar Association), AIPPI (Associazione Internazionale Protezione Proprietà Intellettuale), LES (Licensing Executive Society), AIPLA (American Intellectually Property Law Association), ATRIP (Association for Teaching and Research in Intellectual Property), IBA (International Bar Association), EPLAW (European Patent Lawyers Association).
Tra i fondatori del Giurì del Design presso l’ADI (Associazione per il Design Industriale), Mario Franzosi ne è Presidente Onorario.